Philip Dick - Citazioni

Da Famous Quotes, aforismi e citazioni in libertà.

Philip Kindred Dick (1928 - 1982), scrittore statunitense

  • In questa vita ci mostrano soltanto i trailer (da Un oscuro scrutare)
  • L'abuso della droga non è una malattia, ma una decisione, come quella di andare in contro ad una macchina che si muove. Questo non si chiama malattia, ma mancanza di giudizio.
  • Mi dispiace dirlo ma non conosco nulla sugli scrittori di fantascienza. Noi non possiamo parlare della scienza perché le nostre conoscenze sono limitate e non ufficiali, e solitamente la finzione è vista in modo terribile.
  • Lo strumento fondamentale per controllare la realtà è il controllo delle parole. Se tu puoi controllare il significato delle parole tu puoi controllare le persone che devono usare le parole.
  • La realtà è quella cosa che, quando smetti di crederci, non va più avanti.
  • Anche gli animali... Perfino le anguille, i topi, i serpenti, i ragni... Sono sacri. [...] Come dici tu, anche gli animali sono protetti dalla legge. Tutto ciò che vive è protetto. Qualsiasi forma organica che si contorce, si attorciglia, si rintana, vola o brulica o depone uova. (da Do Androids Dream of Electric Sheep? ovvero Blade Runner)
  • Dei Sette Vizi Capitali, l'Orgoglio è il peggiore. Rabbia, Avarizia, Invidia, Lussuria, Accidia, Gola - riguardano il rapporto degli uomini tra di loro e con il resto del mondo. L'Orgoglio, invece, è assoluto. È la rappresentazione della relazione soggettiva che una persona intrattiene con se stessa. Quindi, tra tutti, è il più mortale. L'Orgoglio non ha bisogno di un oggetto di cui essere orgogliosi. È narcisismo portato all'estremo. (da Deus Irae)

Indice

Incipit di alcune opere

Deus Irae

Ecco! La mucca pezzata di nero che tirava il carretto biciclo. Al centro del carretto. E dalla soglia della sagrestia Padre Handy, scrutando contro la luce del mattino dal Wyoming fino al nord, come se il sole sorgesse in quella direzione, vide il dipendente della chiesa, il tronco smembrato con la testa bitorzoluta che dondolava come in un viaggio immaginifico, assecondando la lenta danza della mucca Holstein che si avvicinava arrancando.

[Philip K. Dick, Roger Zelazny - Deus Irae - Fanucci, traduzione a cura di Simona Fefè]

Divina invasione

Arrivò il momento di affidare Manny a una scuola. Il governo aveva una scuola speciale. La legge decretava che Manny non poteva frequentare una scuola normale a causa delle sue condizioni, ed Elias Tate non poteva farci niente. Non poteva aggirare i regolamenti del governo perché quella era la Terra e la zona maligna avvolgeva tutto. Elias la sentiva, e probabilmente la sentiva anche il bambino.

[Mondadori, traduzione a cura di Vittorio Curtoni]

E Jones creò il mondo

La temperatura del Rifugio oscillava tra i 38 e i 40 gradi. L'aria era costantemente invasa dal vapore che si spostava e ondeggiava pigramente. Geyser spruzzavano acqua bollente e il ‘terreno' era uno strato mobile di melma calda, un composto di acqua, minerali dissolti e polpa fungoide. Resti di licheni e protozoi coloravano e ispessivano l'intruglio umido che gocciolava ovunque, sulle pietre bagnate e sugli arbusti spugnosi, sulle diverse installazioni funzionali. C'era un fondale accuratamente dipinto, una lunga piattaforma emersa da un oceano pesante.

[Fanucci, traduzione a cura di Simona Fefè]

In senso inverso

Era notte inoltrata quando l'agente Joseph Tinbane, mentre faceva un giro di perlustrazione nei pressi di un cimitero molto piccolo e fuori mano a bordo della sua aeromobile, udì suoni lamentosi e familiari. Una voce. Si diresse subito sul posto con l'aeromobile, sorvolando i ferri acuminati del malridotto cancello del cimitero, discese dalla parte opposta, e si mise in ascolto.
La voce, soffocata e debole, diceva: "Mi chiamo Tilly M. Benton, e voglio uscire. Qualcuno mi sente?"
L'agente Timbane puntò la sua torcia. La voce veniva dall’erba. Come aveva immaginato, la signora Benton era sottoterra.

[Fanucci, traduzione a cura di Paolo Prezzavento]

I giocatori di Titano

Era stata una brutta serata e quando cercò di tornare a casa ebbe un diverbio terribile con la sua auto. «Signora Garden, lei non è in condizione di guidare. Prego, inserisca l'auto-autopilota e si distenda sul sedile posteriore.» Pete Garden restò seduto al posto di guida e disse con tutta la chiarezza di cui era capace: «Senti, posso guidare. Un bicchierino, anzi due o tre, mi rendono più vigile. Perciò piantala con queste fesserie.» Premette il bottone dello starter, ma non accadde nulla. «E parti, per la miseria!»

[Fanucci, traduzione a cura di Anna Martini]